Nell’atrio della nostra scuola abbiamo potuto vedere la mostra di fotografie intitolata “Through our eyes”, che significa  “Attraverso i nostri occhi”: gli occhi cioè dei ragazzi rifugiati in Grecia sull’isola di Samos.

Questa esposizione è molto particolare, perché le foto non sono state scattate da reporter o fotografi professionisti, ma sono state fatte proprio dai ragazzi che vivono nell’hotspot (centro di accoglienza e di identificazione dei migranti) dell’isola greca.

La mostra è stata organizzata dall’ONG Still I rise, che a Samos ha aperto una scuola per i giovani rifugiati. Nel nostro Comune la mostra è stata voluta fortemente dall’Associazione Atonga in collaborazione con Pro Loco, l’Istituto Comprensivo di Casatenovo e l’Amministrazione comunale.

Nell’esposizione si possono osservare diverse foto, che ci fanno intuire come vivono gli immigrati negli hotspot. Una fotografia ad esempio ritrae un bambino arrampicato su una rete che cerca di raggiungere un lavandino per lavarsi i piedi. A Samos infatti le persone vivono in condizioni davvero pietose, i bambini giocano nei container freddi, scomodi e umidi. In quest’isola le case vengono costruite con i cartoni e con reti, i bagni sono sporchi e quindi per niente igienici.

Molte persone poi, poiché l’hotspot è troppo affollato, sono costrette a vivere nella “giungla”, cioè nei dintorni del campo accoglienza, e dato che lì non c’è acqua, devono andare a prenderla al campo con dei secchi.

Purtroppo a subire maggiormente le conseguenze di questo degrado sono i minori non accompagnati, che a Samos sono molto numerosi.

Un’altra foto che mi ha impressionato è stata quella dove si vede un uomo morto a causa del morso di un serpente. Poi vi è quella in cui si notano delle persone spaventate per la presenza della polizia.

Mi ha sconvolto il commento scritto sotto a una fotografia che rappresenta un ragazzo, il quale spiega che per farsi visitare da un medico ha dovuto aspettare quattordici ore: questo ci fa capire che a Samos ci sono molte persone bisognose di cure, ma pochissimi medici. In un’altra fotografia si possono osservare degli individui che per protesta bruciano due bagni, perché vogliono essere trasferiti altrove.

Per fortuna queste persone, nonostante la povertà in cui vivono, riescono a vedere anche dei lati positivi: infatti vi sono alcuni scatti che rappresentano bellissimi paesaggi e tramonti luminosi.

Questa mostra è stata molto interessante e mi ha fatto capire quanto io sia fortunata.

Alcune riflessioni degli alunni di 1A:

Fabian: le foto mi hanno fatto capire quanto queste persone devono soffrire e lottare per la sopravvivenza. Mi rimarrà sempre in mente quello che provano tutti quei bambini ogni giorno.

Riccardo: spero che in questo momento alcuni dei ragazzi del campo siano liberi, abbiano una nuova abitazione e che siano più felici di prima.

Sofia: la cosa che mi ha colpito di più è stato vedere quanti ragazzi e bambini erano da soli, perchè avevano perso i genitori e quindi non avevano più una famiglia. Penso che non riuscirò a dimenticarmi di questa mostra e ciò che ho visto non mi sembra giusto e mi fa stare male.

Alma: le foto che mi hanno colpito di più sono quelle in cui si vede la mancanza di cura verso i bambini piccoli, lasciati in ambienti sporchi. Penso che sia bello aiutare gli altri, ma bisognerebbe farlo garantendo ai profughi  condizioni  più dignitose.

Irene: questa mostra fa capire molto bene le condizioni di queste persone e mi colpisce perchè vivono una realtà lontana dalla nostra.

Gabriele: le foto fanno capire quanto soffrano i bambini in queste zone e quanto lottano per rimanere in vita. Mi rimarrà la sofferenza che provano tutti i giorni quei bambini.

Eleonora: organizzare la mostra è stata una bella idea e secondo me dovrebbero far fare le foto anche ad altri ragazzi in altri posti.

(Alice Arestilli, classe 1A, Scuola Secondaria)