Nel 1884 il pittore pugliese Giuseppe De Nittis (1846-1884) dipinse uno dei suoi più grandi capolavori, Colazione in giardino. Il quadro si trova nel locale del Museo Civico di Barletta, città natale del pittore, a lui dedicato. 

Elena Limonta descrive questo quadro,  provando ad animare i personaggi e a far vivere loro una particolare storia...

Mi piacevano i fine settimana con zia Rosa, mi piaceva svegliarmi la mattina e ricordarmi che ero a casa sua; allora schizzavo fuori dalle coperte e correvo a prepararmi per la colazione. 

Correvo felice in giardino inseguendo le sue oche candide e la raggiungevo al tavolo sotto le piante di alloro che davano un leggero aroma alla fresca e frizzantina  aria delle mattine primaverili. 

Lei era lì col suo bellissimo abito bianco pieno di pizzi e ricami, le maniche erano semitrasparenti e i capelli scuri, sempre ordinati, contornavano il dolce viso sempre sereno e pacato che lasciava traspirare una grande felicità. Era contenta di avermi da lei, di poter trascorrere una bellissima giornata nel suo immenso giardino pieno di animali. 

Sedeva davanti ad una fumante tazza di tè alla melissa, di fianco c'era un bicchiere di succo al mirtillo e al centro del tavolo troneggiava la biscottiera di cristallo piena dei suoi buonissimi biscotti. 

Sul tavolo c'era una tovaglia bianca, apparecchiata con tazze e piattini di fine porcellana decorati con fiori blu; al servizio erano abbinati una teiera e una zuccheriera piena di bianche zolle. 

C'erano tre sedie molto eleganti in vimini intrecciato che scricchiolavano quando ti sedevi o ti muovevi. 

Uno dei tre posti era vuoto, probabilmente lì si era seduta Lily, la cameriera preferita di Rosa, una ragazza bravissima a coltivare i fiori e a curare molto bene quelli della zia. 

Sul tavolo aveva sistemato due vasi con graziose composizioni. 

Non solo curava le piante, ma dava anche una mano al giardiniere, teneva in ordine i rami della betulla , controllava che il laghetto fosse pieno d'acqua e, da grande appassionata per gli animali, badava alle oche e alle paperelle. 

La zia la stimava molto e ora stava lì, seduta ad ammirare il meraviglioso giardino composto da alberi, cespuglietti ed un limpido laghetto con attorno i suoi animali. 

Ad un tratto un'anatra saltò sul tavolo, strappò il medaglione dal collo della zia e mi si avvicinò. “Attento Niclas!” strillò la zia. 

Io, senza pensarci due volte, tentai di afferrarla, ma lei scappò. 

La rincorsi per tutto il giardino e solo allora mi accorsi di quanto fosse grande, immenso. 

L’animale tentò di volare un paio di volte, ma il medaglione non glielo permetteva, eravamo già spariti dalla vista della zia quando la raggiunsi e le saltai addosso. 

Per un attimo fui attraversato da un brivido di terrore pensando di averla schiacciata, mi rialzai subito e lei schizzò via velocissima, sparendo in un cespuglio. 

Mi sedetti nel prato a riflettere: se non potevo batterla sulla velocità l'avrei battuta con l'astuzia. 

Mi sfilai il maglione e mi accucciai sotto un albero dalle fronde basse. 

Aspettai e aspettai pronto a scattare se fosse passata da li. 

Stavo quasi per appisolarmi per la noia, quando sentì delle zampe atterrare su di me e un potente starnazzio mi rimbombò nelle orecchie. 

Preso alla sprovvista, urlai. 

La vidi un po' stordita, la avvolsi nel maglione e sgusciai fuori dal mio nascondiglio. 

Come si agitava! 

La lasciai uscire da lì e vidi cadere con lei sul prato il medaglione; lo raccolsi e notai subito che mancava la catenina d'argento. 

La cercai tra l'erba, ma non la trovai. 

Mi sedetti sconsolato. “Come ci teneva zia Rosa a quel medaglione! Come avrei potuto tornare da lei senza un pezzo del suo gioiello?” 

“Cerchi qualcosa?” disse una voce alle mie spalle. 

Mi girai perplesso.

“Stai cercando qualcosa Niclas?” disse l'anatra. 

Rimasi a bocca aperta, il medaglione mi scivolò di mano e tornai a sentir semplicemente starnazzare. 

Lo recuperai e chiesi “Dove posso trovare la catenella di questo medaglione? Perché riesco a sentirti? Perché...” . “Piano! Una domanda alla volta” , mi interruppe, “Io mi chiamo Piuma e so dove potrebbe essere la catenella. Tu riesci a sentirmi grazie a questo medaglione”.

Mi raccontò che se voleva, poteva parlare con il possessore di uno dei due oggetti magici. 

Le sembravo simpatico e aveva deciso di fare amicizia con me. “Però la zia tiene tanto a questo gioiello e io devo restituirglielo” , dissi. 

L'anatra sembrò dispiaciuta quando sentì questo. “Ma parlare con lei è una tale noia!” , esclamò. 

Poi mi venne un'idea: “Possiamo ritrovare l'altro oggetto magico, così potrai parlare con tutti e due, ma prima ritroviamo la catenella!”

Piuma disse che forse le era caduto nel laghetto mentre scappava. 

Si tuffò e rimase sotto a lungo, ma quando riemerse teneva stretta nel becco la catenina. 

Me la diede e infilandola nel medaglione notai che c'era anche un anello. 

Mentre lo ammiravo scorsi la faccia compiaciuta dell'anatra: 

AVEVAMO TROVATO IL SECONDO GIOIELLO! 

(Scritto da Elena Limonta, classe 1 A, Scuola secondaria di primo grado)