La strega aveva conquistato anche il regno degli Alberi Rosa. Povere fate! Gli elfi del ghiaccio, subdoli esserini neri, le cacciavano dalle loro case, nidi gialli a forma di gocce d’acqua.

Il fiume rifletteva congelato i loro volti tristi e morenti. Ne presi un po’ e le misi sotto il mio mantello, nella mia giacca, nel mio cappuccio, sotto l’armatura e alcune tra i capelli. 

“Mi dispiace, mi dispiace”. 

Erano solo gracili personcine, dalla pelle viola, prima verde, coi capelli bianchi precedentemente nocciola. Solo le ali erano rimaste quelle di libellula. Poverine. Hanno dovuto evolversi per adattarsi all’ambiente. O degradare?  

I boccioli tra i loro capelli erano ormai appassiti. Stupida strega Falco-dei-ghiacci! Perché ti ho inventata? E sei riuscita così bene! Il mio antagonista non poteva essere uno gnomo delle fonti? No, noioso. Va bene così. Mi sentivo in colpa. Scorsi una luce fioca. Del fumo si levava nel cielo coperto di nuvole, cariche di neve, come bombardieri coi razzi pronti a sganciare tristezza. 

Continuavo a seguire il fiume, non perdendo di vista la colonna grigia. Continuai a camminare. I piedi affondavano nella neve, come se volesse che diventassi parte di lei, un freddo e triste addio. Raggiunsi uno spiazzo. Avvistai una capanna di legno, da cui uscivano le nuvolette nero chiaro. Era di legno scuro.

Strano, visto che il legno locale era giallo. Ora rosso. E lo sapevo bene, l’ho inventato io. Il tetto, anche questo scuro, era formato da una piramidina di tegole, un po’ allungata. La porta era socchiusa. Le finestre erano coperte da pesanti tende di lana arancione. Non poteva vedermi chiunque fosse dentro. Forse sgherri della strega. Mi avvicinai strisciando nella neve, tanto fredda da sembrare bollente, rivelando la carcassa di un prato. La casupola era rialzata di due o tre scalini. Salii. Le travi scricchiolavano, come se urlassero: “C’è un intruso!” 

Arrivai sotto un piccolo porticato di legno. Su una trave c’erano vari segnetti, come piccole fosse. Mi accostai alla porta. In un millesimo di secondo un cane dal manto cannella mi fu addosso. Ringhiava. 

“Ferma Spinta, falla entrare”, disse una bambina vestita di arancione. 

 Il cane si staccò dal mio petto e smise di puntarmi gli artigli nelle cosce. Avevo già sentito quel nome, ma dove…  

“Se lei è Zabby, potremo andare via”. Disse. 

Entrai. Una curiosa persona dai capelli rossi mi salutò. Aveva le lentiggini ovunque e sbirciava le fate, sotto il mio mantello. Di fianco vi era un topo, alto come la ragazza, vestito di verde e con una cravatta rossa e degli orribili e inconfondibili occhiali sul naso. 

“Geronimo, Anne, Spinta? Che ci fate qui?” 

Oh no, i personaggi dei miei libri erano entrati nella mia storia! 

“Geronimo Stilton”, “Anne di Tetti Verdi”, “La storia di un cane speciale”… che pasticcio! 

“Siamo stati portati qui da Falco-dei-ghiacci”, disse una voce che a tutti parve armoniosa. 

“Oh no! Biancaneve no! La principessa più inutile dei libri!”. 

  • “Per tornare nelle nostre storie” disse la bambina “dobbiamo sconfiggere una strega. Va bè, tanto ho già battuto una marchesa”.
  • “Settembre!”
  • “La sola e inimitabile”
  • “Ma non l’hai proprio sconfitta…”
  • “Non è questo il punto. Zabby, ci aiuteresti?”

E in coda si aggiunse “La bambina che fece il giro di Fairyland per salvare la fantasia”. Fantastico! 

“Ovviamente vi aiuterò. È la mia storia e le vostre hanno bisogno di voi.” 

OK, sono qui, con personaggi senza poteri, ma intelligenti, tranne Biancaneve. Ci serviva un piano e io ne avevo uno. Ma prima bisognava uscire da quella foresta. 

“Ok, facciamo le valigie”. 

“Sì, ma prima le fate. Biancaneve può stare qui a badare a loro, vero?” Chiese Anne. 

“Certo!”. 

Ok, mi ero liberata della principessa. Le liberai e tutti rimasero a bocca aperta. Sorrisi. Uno di quelli dolci che non facevo da tempo.  

“Serviranno abiti pesanti, una slitta che trainerà Spinta, delle medicine, del cibo e dei mantelli…” 

“Gli ultimi a cosa servono?”, chiesero Settembre e Geronimo. 

“Proteggono dal freddo, ti nascondono e sono eroici.”. 

“Valida spiegazione”. 

E ci avviammo nel folto del bosco rosso, un tempo rosa; la neve arrivava alle ginocchia e il vento ci sferzava il viso. Eravamo pieni di coraggio e determinazione, curiosi di scoprire il destino. 

“Verso la Terra delle Bufere!”, gridai, “Strega, Falco-dei-ghiacci, noi arriviamo!”

(Elisabetta Inzillo, classe 1 A, Scuola secondaria)