Dante ha appena terminato il suo viaggio, arrivando all’ultimo cielo del Paradiso. Ora San Bernardo lo riporta indietro e lo affida proprio a te, Alunna Angelica, perché tu lo riporti nei pressi di Gerusalemme…

Ecco come ha immaginato il viaggio Elisabetta Inzillo che dirà anche il motivo per cui Dante non racconterà il suo viaggio di ritorno…

Sentii una voce che gridava il mio nome.

Chi cavolo era? Spalancai le mie ali, identiche a quelle della cinciallegra, anzi più tendente al falco, infatti cambiavano colore con le mie emozioni. Smisi di cantare. Oh, ecco chi era che mi chiamava. Riconobbi quella voce, era San Bernardo.

Spiccai un balzo e salii verso la Rosa Mistica, la Mistica Rosa, la Rosa fatata o come cavolo si chiamava. Intanto vedevo i miei amici giocare, cantare e ballare tra le case di marmo rosa bianco del Paradiso.

Cosa voleva da me? Atterrai leggermente sul liscio pavimento di marmo e cristallo. L’aria sapeva di pino e margherita, con un tocco di cannella e biscotti. Le case di pietra grigia spuntavano come fiori nei prati verdi di quella cittadella così vicina a Dio. Vidi San Bernardo, il viso triste e stanco, occhiaie e disperazione e di fianco a lui un tizio con un berretto strano, vestito di rosso, dagli occhi nocciola con un enorme, tagliente e mastodontico naso.

“Ehi Beni, chi è il tuo amico con il naso sproporzionato? Chirurgia plastica andata male?”

“Sunny”, disse serio e implorante, “questo è Dante Alighieri e dovrai portarlo a Gerusalemme”.

“Devo ricordarti che l’ultima persona che ho accompagnato è finita nel Lete?”

Vidi San Bernardo (l’angelo, non il cane) guadare Dante, rabbrividire e fissarmi. Sembrava volesse suicidarsi, cosa impossibile, visto che era già morto. Mi fece pena.

“OK, va bene” dissi.

Il suo viso si accese, trascinò Naso a Melanzana da me, fece le presentazioni e volai via alla velocità del suono. Inchinai la testa, confuso...

Lasciate solo che vi dica che è stato un viaggio moooolto lungo. Vi racconterò solo alcune scene però. Fidatevi, meglio così.

Presi per mano Naso da Tubero, saltai giù da quella nuvola su cui si trovava la Rosa e aprii le ali. Un urlo acuto si creò nel profondo di quell’uomo e uscì fuori con il suono di mille petardi tirati su dei chiuaua con il mal di testa.

Ciò mi fece perdere l’equilibro e caddi fino al cielo di Mercurio. Fu una bella botta, soprattutto perché Dante mi cadde addosso. Me lo levai da sopra e gli tirai un calcio.

“Codesta ragazza dai capelli castagna e gli occhi di fuoco picchia duro come un branco di lupi”, esclamò Cappello Buffo, “Aspetti, mio angelo guida che un ultimo saluto vorrei rivolgere a Beatrice, mia ragion di vita”.

“Non abbiamo tempo! Muoviti!”, urlai.

“Noooooo, voglio vedere Beaaaaa!”, frignò Dante.

Lo presi per il coletto e lo trascinai tra le nuvole con la forza. Inspirai. L’aria sapeva di vaniglia. Odio la vaniglia e odio…

“Bea! Amore mio dove stai?”

“Chiudi il becco, Naso a Dizionario!”, urlai.

Bofonchiò qualcosa e incrociò le braccia.

Finalmente, la pace.

Arrivammo in Purgatorio il giorno dopo. Capito? Un giorno di continue domande del tipo: “Quanto manca?”, “Quando si mangia?”, “Siamo arrivati?”.

Peggio di un bambino!

La montagna era fatta di vari tipi di pietra: granito, carbone, ossidiana... Sopra c’era sparso il sale per non fare crescere nulla tranne la noia.

Mi girai. Dov’era Dante? E… fa niente, sarà caduto nel Lete pure lui.

Stavo per tornare a casa quando sentii un tonfo, un urlo e il rotolare di qualcosa. Dante. Mi precipitai a rotta di collo giù dalla montagna, correndo più veloce che potevo, caddi anche io e iniziai a girare su me stesso, come la ruota di un’auto. Altri Angeli cercavano di aiutarmi, ma non ci riuscivano e cadevano anche loro. Una marea di piume e braccia che rotolava tra le risate confuse dei penitenti. Gli unici che non ridevano erano gli invidiosi che non potevano vederci.

La corsa pazza finì quando arrivai in acqua. Capelli sporchi di terra, piume e penne bagnate, ali di corvo su un angelo arrabbiato. Planai verso Dante che intanto guardava i pesci nuotare in mare.

Lo presi per un orecchio e lo trascinati nell’Inferno. E lì fu un disastro.

Prima Naso a Banana si attaccò con la lingua al lago ghiacciato, scatenando così le risate dei traditori e le lacrime di Lucifero per il troppo ridere. Lo guardai male e il demone tornò a smangiucchiare Bruto.

Come se non bastasse, Dante cercò di cavalcare un centauro dal magnifico manto nero e dal viso imbalsamato, ma fu scaraventato in quello che sperai fosse fango.

“Dante, ma che fai!”.

Eravamo nel cerchio dei lussuriosi e chissà come, aveva trovato un aquilone. “Dove lo hai preso quello!” esclamai.

“Me lo ha dato Francesca” disse.

“OK, l’hai rubato a Francesca. Povero Fraffrog”, risposi.

“Chi?” chiese Dante.

“Uno Youtuber”, dissi io.

“Chi?”

“Nulla.”

Finalmente arrivammo da Caronte, un uomo alto, dalla pelle ustionata e il viso consunto. Aveva mani callose e piedi nudi ed era vestito con un sacco di iuta.

“Ehi, Carry, mi daresti un passaggio?” chiesi.

Stava per dire di sì, quando vide Dante, tremò violentemente e si auto-traghettò il più lontano possibile. “Allora… Che si fa?” domandai a Dante.

“Sei tu l’angelo e comunque il codesto me ignora il fatto, siccome nel sonno scivolai d’un tratto”

“Sei svenuto? Sicuro che non ti abbia fatto svenire Virgilio? Aspetta… Ho un’idea!” esclamai.

“Farà male?” chiese timoroso.

“Io non sentirò nulla” e gli tirai un calcio così forte da fargli superare Acheronte e Antinferno, fino alla sua “Selva selvaggia aspra e forte”.

“E ora puoi proseguire da solo! Sei grande ormai, il mio lavoro qui è finito.”

“Ahia, mi hai fatto male!”, urlò da lontano.

“Addio Naso a Continente!” esclamai soddisfatto e volai verso il Paradiso.

Dante scrisse una commedia e non mi mise neanche all’interno. Che gli sia rimasto sul didietro il segno del mio calcio?

(Elisabetta Inzillo, classe 2A, Scuola secondaria)