Gli alunni della classe terza B della Scuola Secondaria di primo grado immaginano di intervistare tre importantissimi protagonisti della nostra letteratura italiana.

INTERVISTA A UGO FOSCOLO  di GAROFALO A., BERETTA T., GIORGI E., VIGANO’ M.

Qual è il tuo vero nome di battesimo?
Niccolò, anche se molte persone non lo sanno e mi conoscono semplicemente come Ugo.
Quanti anni hai adesso?
Ne ho 239, perché sono nato a Zante il 6 febbraio 1778.
I tuoi genitori di che origine erano?
Mia madre era di origine greca, mio padre veneziano.
Quante donne hai avuto?
Troppe per contarle. La più importante però è stata una donna inglese da cui ho avuto Floriana, mia figlia.
Che carattere hai?
Mi ritengo leale, irascibile, testardo, schietto.
Ti reputi bello o brutto? Ti piacevano i tuoi capelli rossi?
Bello, perché conquisto un sacco di donne. I miei capelli sono una splendida criniera indomata, non li taglierei mai.
Hai tradotto qualche opera dalla lingua originale all’italiano?
Ho tradotto” l’Illiade” e “Il viaggio sentimentale.”
Quali sono le tue opere più conosciute?
Be’, credo che la poesia “alla Sera” sia la più conosciuta. Per quanto riguarda le altre opere “le ultime lettere di Jacopo Ortis” e il “Dei Sepolcri” sono abbastanza importanti.
Qual è la tua frase più famosa?
“Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna...”
Hai mai stimato qualcuno?
Sì, stimavo molto Napoleone, ma quando ha ceduto Venezia all’Austria sono rimasto deluso, ora ho un atteggiamento anti-francese.

 

INTERVISTA AD ALESSANDRO MANZONI di ISTOC D., PIROVANO R., TORALDO I., BROTTO J., DONATI R., TURI M., FUMAGALLI S.

                                                                          
Che rapporto avevi con la tua famiglia?
Non ho avuto un rapporto molto bello con la mia famiglia perché i miei genitori Giulia e Pietro si sono separati quando ero piccolo e mia mamma si è trasferita all’estero. La separazione dei miei genitori è stata molto dura per me perché avevo solamente 7 anni e sono stato obbligato a vivere in vari collegi per un lungo periodo.
Come hai vissuto la tua vita?
Sinceramente non mi posso lamentare della mia vita, anche se ho dovuto affrontare momenti brutti e una lunga serie di lutti dei miei parenti. Ho vissuto però anche momenti molto belli come l’incontro e il matrimonio con Enrichetta e la pubblicazione delle mie opere e del mio romanzo.
Perché ti sei convertito al cattolicesimo?
Non è stata una decisione… è accaduto un giorno, nella chiesa di San Rocco, credo per volere di Dio.
Perché ti sei sposato due volte con Enrichetta?
Perché la prima volta l’ho fatto con rito calvinista e la seconda con un rito cristiano cattolico.
Che carattere hai?
Ho un carattere abbastanza complesso: sono ironico e allegro, ma nello stesso tempo serio. Mi piace stare da solo e quando vado in spazi aperti, ho bisogno di avere al mio fianco la mia Enrichetta.
Quali interessi hai?
Il cattolicesimo, la politica e molto altro, ma naturalmente ciò che mi affascina e mi appassiona maggiormente è la letteratura.
Che significato ha per te la letteratura?
Per me la letteratura non deve essere uno sfogo ma una riflessione sentita. Deve essere interessante, deve raccontare la verità, deve essere utile.
Perché sei così importate nell’ambito politico?
Perché sono senatore del Regno d’Italia e presidente della commissione parlamentare sulla lingua.
Perché hai scelto il fiorentino come lingua?
Volevo trovare una lingua che potesse essere compresa e utilizzata in tutta l’Italia. La più bella mi sembrava il fiorentino, lingua usata da Dante, Petrarca e Boccaccio. Per il mio romanzo allora sono andato a Firenze e lì ho imparato tanti termini ed espressioni toscane.
Come mai hai scelto gli umili come protagonisti del tuo romanzo?
Tutti gli altri letterati hanno scelto personaggi storici famosi, io invece volevo dimostrare che anche due semplici popolani con umile fede e sete di giustizia possono trasmettere un messaggio positivo e di fede.

 

INTERVISTA A GIACOMO LEOPARDI di ELKHOURY A., VALNEGRI M., CASTIELLO A., PILAMUNGA A., MOCCIA S., PALERMO G., SPADA C., BARLASSINA V.

                                                                                

Giacomo, come hai vissuto la tua infanzia?
La mia infanzia non è stata delle migliori, eravamo ricchi, ma mio padre e mia madre erano rigidi e hanno obbligato me e i miei fratelli a dedicarci solo allo studio. ci sottoponevano a domande difficili e stressanti davanti a persone colte. Per questo io e i miei fratelli ci suggerivamo di nascosto.
Ti piaceva la vita che facevi da ragazzo? Hai avuto qualche rimpianto nella tua adolescenza?
Non ho vissuto come volevo, e ho molti rimpianti, come non aver stretto amicizia con i miei compagni e non aver trovato una donna con cui passare il resto della mia vita.
Che cosa provavi quando ti guardavi allo specchio e vedevi che eri diverso dagli altri ragazzi della tua età?
Tristezza per il mio aspetto e per non aver trascorso le giornate come tutti i miei coetanei.
Perché hai tentato di scappare da Recanati e da casa tua? Che cosa non ti andava bene?
A quel tempo mi sentivo oppresso da tutto. Leggere i libri della biblioteca di mio padre era il mio unico svago. Recanati era per me il “natìo borgo selvaggio”. Avevo bisogno di cambiare aria ed essere dipendente solo da me stesso. Volevo provare nuove esperienze e cercare di cavarmela da solo. La vita solitaria dedicata allo studio mi stava logorando l'anima e volevo vivere tutte quelle esperienze che non avevo mai potuto provare.
Che emozioni hai provato quando sei arrivato a Roma?
Il viaggio mi ha riempito di felicità: potevo esplorare una terra che non conoscevo e vivere nuove esperienze. Ma all'arrivo tutte le mie speranze sono state distrutte perché trovavo gli intellettuali noiosi e poco aperti.
Qual è l'opera che hai impiegato più tempo a scrivere?
E' lo zibaldone: sono i miei pensieri dal 1817 al 1832.
Perché hai iniziato a scrivere?
La scrittura mi trasportava in un universo parallelo, che aprivo prendendo in mano una penna e un foglio.
L’amore per la scrittura ha influenzato in qualche modo il tuo carattere? Perché?
Credo di sì. Mi ha reso più passionale, sia nel mio modo di scrivere che nel mio modo di pensare. Devo dire che sono abbastanza sfortunato in amore e forse questo mi ha reso ancora più sentimentale.
Chi è stato Ranieri per te?
Antonio è… è stato come un diario segreto, ecco. è stato il mio migliore amico, a cui ho voluto bene fin da subito.
Come ti sentivi mentre scrivevi le tue poesie, oggi conosciute da tutti?
Era come liberarsi da un peso che avevo costantemente sullo stomaco. Era molto più semplice scrivere per me che parlare.
Come ti definisci in una sola parola?
Mi definisco un inguaribile romantico.