I ragazzi delle classi terze hanno lavorato nell'ultimo mese, durante le ore di Religione, approfondendo la tematica inerente i diversi genocidi accaduti nella storia.

Lavorando a gruppi e riflettendo sulle gravi conseguenze che ne derivano, hanno capito come la vita sia un dono e che nessuno ha il diritto di toglierla addirittura arrivando a sterminare un'intera popolazione.

Invito tutti a leggere l'intervista che troverete di seguito fatta da Anna Frigerio a sua zia, vittima del genocidio in Ruanda.  È emozionante e commovente.

(prof.ssa Laura Mariani, docente di Religione)

 "Nel 1994 ero la più grande tra i miei fratelli e avevo 22 anni.  Mio papà era un importante commerciante di Kigali, un tutsi; nel 1990 era stato arrestato e dopo 6 mesi liberato perché accusato dal Governo di dare soldi ai Tutsi emigrati per aiutarli a rientrare in Ruanda. Qualche giorno prima dell’inizio del genocidio, aveva mandato me e le mie 3 sorelle dalle suore  a Ghitarama, perché c’erano le vacanze di Pasqua e temeva che sarebbe successo qualcosa di grave a Kigali (la radio lo aveva preannunciato, minacciando sempre più direttamente i tutsi).

Non si era sbagliato: i ribelli hutu sono arrivati a casa nostra alle ore 7 del 7 aprile 1994 e lo hanno fucilato. Per fortuna i miei fratelli erano ben nascosti tra il soffitto e il tetto e sono riusciti a sopravvivere! Mio padre è stato tra i primi ad essere ucciso perché era nella black list dei ribelli. È iniziata cosi la nostra fuga da chi ci cercava in quanto suoi figli! Lui ci ha protetti perché siamo tutti sopravvissuti al terrore di quei 100 giorni.

Ho saputo della morte di mio padre da una telefonata dei miei fratelli e anche dalla radio; inizialmente noi ci sentivamo al sicuro a Ghitarama, perché mai avremmo immaginato che la ribellione potesse uscire da Kigali. Dopo soli 3 giorni però i ribelli  sono giunti anche a Ghitarama e hanno ucciso la suora superiore, amica di mio padre. Le suore allora ci hanno cacciate dal convento perché ci hanno considerato delle ricercate; abbiamo chiesto rifugio nella Chiesa vicina ma il Vescovo – parole sue – “Non voleva il sangue nelle Chiese”.

Abbiamo iniziato a nasconderci tra i campi e la foresta impaurite e senza meta. Io ero la più grande: le mie sorelle avevano 15, 14 e 13 anni. Mangiavamo ciò che trovavamo nei campi e per fortuna era la stagione delle piogge quindi riuscivamo a bere acqua piovana dalle foglie di banano

Per fortuna un giorno una cara amica di mia mamma ci ha riconosciute e ha preso con se due delle mie sorelle e le ha tenute nascoste e protette.

Io ero troppo riconoscibile per stare con lei e mia sorella di 14 anni non voleva separarsi da me. Abbiamo continuato a girare fino a quando abbiamo trovato rifugio in un campo di accoglienza della Croce Rossa e delle forze di pace. Purtroppo però un giorno io sono stata sequestrata con altre persone dai ribelli e condannata alla morte. Mi hanno dato tre colpi di machete in testa e mi hanno fucilato con un colpo al piede e alla gamba; ero stremata e anche io – come hanno immaginato loro – pensavo di essere morta. In quel momento non avevo più nemmeno paura: ero rassegnata al fatto di dover morire e non poter nemmeno scappare. È passata una persona che si è accorta che non ero morta e mi ha portata in un ospedale. Qui mi hanno curata come hanno potuto perché io ero una ricercata e dovevano nascondermi, come molte altre persone. Non riuscivano nemmeno a medicarmi e cercavo di curarmi io con impacchi di acqua e sale. 

È stata durissima! Fino al 2 giugno quando i militari Tutsi sono riusciti a liberare Ghitarama. Anche qui sono sopravvissuta agli spari e alla morte solo perché ero nascosta nella camera mortuaria, unico posto in cui i ribelli non sono entrati.

Dopo essere stata portata in un altro ospedale sono stata curata e ho dormito per 15 giorni, quasi ininterrottamente da tanto che ero stravolta! 

Finalmente il 4 luglio 1994 il genocidio ruandese, che ha visto la morte di quasi un milione di persone, è terminato. Ho ritrovato i miei fratelli e le mie sorelle solo a dicembre 

Oggi il Ruanda è un paese più unito e per noi gli hutu e i tutsi non esistono più. Esistono solo i ruandesi e questo è il messaggio che voglio trasmettere alle nuove generazioni."

 (Intervista fatta al telefono da Anna Frigerio, classe 3D, alla zia una domenica pomeriggio)