Avevo otto anni ed ero al mare con la mia famiglia. Il primo giorno di vacanza ci svegliammo la mattina presto per andare in spiaggia.

Entusiasti, prendemmo le biciclette, uscimmo dal villaggio dove alloggiavamo e ci dirigemmo verso la spiaggia.

Ero contentissima! Era da tanto che aspettavo questo momento.

Arrivati a destinazione, appoggiammo le biciclette e ci dirigemmo verso il nostro ombrellone. Io e mia sorella Elena ci mettemmo subito a giocare con la sabbia. Lei aveva quattro anni, era allegra, vivace e un po’ spericolata.

Dopo circa trenta minuti andammo nel mare. Passammo tutta  mattina a tuffarci nell’acqua e a giocare, poi a mezzogiorno ci avviammo verso casa.

Elena insistette tanto per andare in bicicletta con papà e lui cedette al suo capriccio, mentre io, la mamma e la nonna andammo a fare la spesa al supermercato.

Tornando verso casa sentimmo il telefono della mamma squillare, ma lei non poté rispondere perché aveva le mani occupate.

Arrivate a casa ci accorgemmo che la bici di papà non c’era e questo fece agitare la mamma. In quello stesso momento squillò di nuovo il telefono e una voce che non avevo mai sentito ci disse che papà e mia sorella erano caduti dalla bicicletta.

Mi misi a piangere, non riuscivo a capire cosa fosse successo realmente. La mamma cercò di consolarmi e mi disse che stavano bene. Andò subito in ospedale, mentre io rimasi lì, a piangere, sulla panchina del villaggio, con la nonna che mi teneva stretta tra le sue braccia. Non riuscivo proprio a calmarmi. Ero turbata.

Dopo qualche ora vidi arrivare la mamma con Elena in braccio. Le avevano messo quindici punti al piede e aveva qualche escoriazione in faccia, però nel complesso stava bene e questo fu un sollievo per me.  Anche papa stava bene.

La vacanza non era iniziata nel migliore dei modi, ma per fortuna finì benissimo, perché dopo una settimana Elena ricominciò ad entrare in acqua e a divertirsi insieme a me.

(Racconto autobiografico di E. Sanvito, Classe II B, Scuola Secondaria di Primo grado)